Salute e benessere: il buongiorno comincia da denti e gengive
Questo nostro tempo è ormai scandito dall’estrema velocità delle trasformazioni tecnologiche, delle divulgazioni scientifiche, dei trasformismi biologici e della ricerca del benessere ad ogni livello, economico, fisico e psichico. Spesso, nella pratica quotidiana, ciò che era buono fino a ieri, oggi lo è già un po’ meno. Proprio il dilagare di questa smania iperattiva verso il progresso a tutti i costi, suggerisce una riflessione del dentista Ben Robinson, il quale negli anni ’50 sosteneva che: «La sola possibile guida alla scoperta del futuro è lo studio del passato».
Tale affermazione, valida per molti aspetti della nostra vita quotidiana, è ancor più importante per ciò che riguarda la nostra salute generale e in particolare quella della bocca e dei denti. Quindi è bene fare qualche piccolo passo indietro nella storia e ricordare cosa e come facevano i nostri predecessori per avere gengive sane e denti bianchi, per capire e apprezzare i risultati benefici di prodotti, strumenti e ausili tecnologici che oggi ci permettono di vivere in salute e sempre più a lungo. Aristotele, filosofo e padre della matematica, ha scritto che «fra tutti gli esseri viventi solo l’uomo conosce il riso». Nello stesso periodo Diocle di Caristo, medico di Atene e contemporaneo del maestro matematico, esortava a «strofinare ogni mattina i denti e le gengive con le dita e con la polvere di menta, all’interno ed all’esterno, per poter rimuovere le particelle di cibo residuo». Anche gli induisti consigliavano l’attuazione di un rigido protocollo quotidiano di igiene orale e, soprattutto, indicavano nella rimozione del tartaro, a mezzo di appositi strumenti a punta piatta, la risoluzione dei problemi gengivodentali. In particolare, Sushrutha, nell’iniziare il capitolo sull’igiene orale del suo trattato medico, ammoniva come «…ogni uomo dovrebbe strofinare i propri denti al mattino presto appena lasciato il letto». Il rituale consigliato doveva poi continuare con la pulizia della lingua con apposito strumento e sciacqui della bocca con un decotto di foglie di betel, canfora, cardamono: erbe già conosciute fin dai greci e utilizzate anche come rimedio per l’alito cattivo. A partire dal 1634, in Giappone, spazzolini e dentifrici in polvere cominciarono a essere prodotti e commercializzati, tanto che esistevano già particolari botteghe, davanti alle quali bellissime ragazze invogliavano gli avventori all’acquisto degli strumenti necessari all’igiene orale personale. In tempi molto più recenti, Spooner nel libro “Guide to Sound Teeth” afferma che «…è opinione comune dei dentisti dei nostri giorni che i denti possono essere conservati, nella maggior parte dei casi, fino alla morte». Proprio quest’ultima e autorevole affermazione porta a introdurre e consolidare anche nel nostro paese quella che viene ormai universalmente definita come cultura dell’igiene orale, finalizzata al conseguimento di un unico e grande risultato: ciascun individuo può e deve riuscire a tenere per tutta la vita i propri denti sani e funzionanti in bocca.

COSA FARE?

  • Visite periodiche dal dentista di fiducia (ogni 6- 12 mesi)
  • Seguire i consigli professionali dell’odontoiatra e dell’igienista dentale
  • Praticare quotidianamente tutte le manovre di pulizia dentale (igiene orale domiciliare)
  • Avere un’alimentazione genuina e poco dolcificata

COME FARE PER REGALARSI OGNI GIORNO UN SORRISO SANO?

Utilizzare correttamente gli strumenti e ausili di igiene, in parte già individuati dagli antichi, ossiaspazzolino e dentifricio, efficacemente e opportunamente potenziati dall’azione benefica di un liquido denominato collutorio. In questo modo si rimuove la temibile placca batterica (poltiglia biancastra e molliccia che si deposita sulla superficie dei denti, costituita da residui alimentari e da batteri), causa principale dell’infiammazione delle gengive (gengivite) e condizione patologica che, se non interrotta tempestivamente, può terminare con la mobilità e la perdita dei denti (parodontite). Il controllo fisico della placca viene realizzato giornalmente proprio dall’adeguato impiego, dopo i pasti principali, dello spazzolino e del dentifricio, perché garantiscono l’allontanamento delle particelle alimentari e della placca batterica dalla corona (superficie del dente posta nella cavità orale). Tale allontanamento impedisce che la placca da molliccia possa, col passare dei giorni e per mineralizzazione, diventare di durezza maggiore trasformandosi in tartaro (una concrezione simil-calcarea, difficile da asportare, dal colorito giallognolo o scuro brunastro localizzata sopra o sotto la gengiva). Proprio in relazione al suo grado di durezza e localizzazione, il tartaro richiede la rimozione meccanica (ablazione o detartrasi) con appositi strumenti manuali o ultrasonici utilizzati, nel corso di sedute di igiene orale professionale da realizzarsi esclusivamente nello studio odontoiatrico, da personale autorizzato. In Italia, le figure professionali sanitarie autorizzate dalla legge a compiere tali manovre sono unicamente il medico dentista (odontoiatra) e l’igienista dentale (diplomata/laureata). Nessun altro! Il controllo chimico, invece, viene assicurato dal collutorio, soluzione liquida che può contenere varie sostanze chimiche con azione antibatterica, antisettica ed antinfiammatoria (clorexidina, oli essenziali eccetera).

QUALE COLLUTORIO SCEGLIERE?

Tra le sostanze chimicofarmacologiche che la comunità scientifica odontoiatrica internazionale ritiene estremamente valide ed efficaci per ottenere il controllo e favorire la disgregazione della placca batterica, condizione necessaria e indispensabile per garantire uno stato di buona salute di denti e gengive, la clorexidina occupa di certo il posto d’onore.

Come spesso è avvenuto in medicina, vedasi ad esempio la scoperta casuale, nel 1928, delle muffe (penicillum notatum) ad opera del batteriologo britannico A. Fleming, che permise subito dopo a H.W. Florey di sintetizzare un farmaco portentoso come la penicillina, anche in odontoiatria la scoperta dell’efficacia della clorexidina è avvenuta, diciamo, in seconda battuta. Come infatti ha scritto J. Lindhe, clinico e ricercatore svedese, padre della moderna parodontologia (branca odontoiatrica che si occupa in particolare della cura del parodonto, ossia delle strutture di sostegno del dente: gengiva, legamento alveolo dentario, osso): «la clorexidina fu sviluppata dalle Imperial Chemical Industries inglesi negli anni ’40 e fu introdotta nel mercato farmaceutico nel 1954 come antisettico delle ferite della pelle».

Successivamente l’antisettico venne ampiamente usato in altre branche della medicina (urologia, ostetricia, ginecologia) e nella preparazione prima dell’intervento sia del paziente sia del chirurgo e della sua équipe. L’applicazione e l’utilizzo clinico nella pratica odontoiatrica furono inizialmente limitati alla disinfezione prechirurgica, fino a quando, nel 1962 prima e nel 1969 poi, un altro ricercatore, Schroeder, dimostrò che questa sostanza, usata per sciacquare la bocca e i denti, era capace di impedire la formazione della placca batterica e di ridurre l’infiammazione delle gengive. Da allora e fino ai giorni nostri, migliaia di ricercatori studiano gli effetti di questa molecola e milioni di pazienti in tutti il mondo godono degli effetti curativi di questa sostanza. Oggi l’utilizzo di questo agente farmacologico permette un reale controllo sulla qualità (specie di colonie batteriche) e quantità (milioni di colonie batteriche) della placca, elevando i livelli di prevenzione delle patologie parodontali a garanzia di uno stato di salute orale e, di conseguenza, di benessere globale.

La clorexidina è presente in diverse concentrazioni e formulazioni, adattabili alle varie necessità odontoiatriche. Infatti, oltre che nei collutori è possibile trovarla in spray e gel, da usare direttamente sulle gengive (uso topico) per favorire l’azione diretta a livello locale. Le condizioni cliniche in cui è possibile oltre che opportuno utilizzare questa molecola sono:

  • nell’igiene e nella profilassi orale professionale;
  • nell’igiene orale dei pazienti portatori di protesi mobili e apparecchiature ortodontiche;
  • prima, durante e dopo la chirurgia orale parodontale, implantologica e maxillofacciale;
  • nell’igiene orale domiciliare dei disabili mentali e fisici;
  • nei soggetti con compromissione del sistema immunitario (da HBV e AIDS);
  • nei soggetti con patologie cardiache o sistemiche (diabete eccetera);
  • nelle pazienti in gravidanza